La Voragine di Monte Pagano costituisce una vera rarità geologica per il territorio in cui è inserita, rappresentando la seconda cavità più profonda delle Murge basse (dopo le esplorazioni dei primi anni del 2.000 ha raggiunto la profondità di 126 m), e sicuramente l’emergenza ipogea principale per complessità ed articolazione del sistema carsico. Si tratta, infatti, di un intricato sistema di vuoti ipogei, sviluppati prevalentemente lungo sistemi di fratture orientati NE-SW e 85°N, che si intersecano tra loro ed individuano almeno due livelli a sviluppo sub orizzontale raccordati da grandi ambienti a sviluppo verticale. Lungo le pareti della grotta affiorano prevalentemente brecce dolomitiche grigiastre. Il concrezionamento è molto raro; si riconoscono comunque almeno due generazioni di speleotemi. Quella attuale è caratterizzata dalla quasi totale assenza, o comunque dalla non significatività, di concrezioni da flusso o da gocciolamento (come stalattiti e stalagmiti che rappresentano invece la più tipica forma di concrezionamento nelle grotte pugliesi). La fase più antica è invece rappresentata, sulla base di quanto oggi è osservabile, da grandi formazioni relitte, prevalentemente stalagmitiche, alterate ed in gran parte erose, anche fossilizzate da depositi residuali rossastri. Oltre ai depositi chimici ed ai depositi clastici autoctoni, presenti ubiquitariamente, si rinvengono anche brecce calcaree clasto-sostenute con matrice rossastra sabbioso-limosa, con resti di mamalofauna. I rapporti stratigrafici fra le varie unità descritte non sono ben chiari. Ad integrazione e completamento di quanto sopra scritto si sottolinea che anche il paesaggio carsico epigeo circostante l’ingresso si caratterizza per le sue peculiarità rispetto ai territori circostanti. L’ingresso della cavità si apre, infatti, in prossimità della sommità di un evidente rilievo residuale a “domo”, che risalta sull’orizzonte come un edificio collinare isolato.

– FONTE SIGEA –